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La tradizione del caffè sospeso napoletano

Da: Damiano - Categoria: Il Piacere del Caffè

Ore 7 del mattino: la sveglia suona come d’abitudine ed è il momento di prepararsi per una nuova giornata di lavoro. Fate una rapida sosta in bagno, vi sciacquate la faccia e correte dritti in cucina per fare colazione.

Qual è il primo gesto quotidiano che accomuna gran parte delle famiglie italiane? Solitamente è uno scatto del gas e l’accensione di quello straordinario marchingegno chiamato moka, un’invenzione tutta italiana che risale al 1933.

Ok, i tempi sono cambiati e l’elegante invenzione di Alfonso Bialetti sta piano piano cedendo il passo alle più moderne macchinette, eppure l’aura che circonda il caffè rimane intatta perché dietro (o dentro) quella tazzina bollente si cela un mondo.

Un salto nel passato

La cultura del caffè ha radici lontane e ormai radicate nel tempo. Nata come bevanda di lusso per ricchi e intellettuali, nel corso degli anni è diventata sempre più di uso comune fino a diventare una tradizione nelle strade di Napoli.

Leggenda narra, infatti, che nell’Ottocento ci fossero i caffettieri ambulanti, coloro che erano designati a girovagare quotidianamente per i vicoli della città a offrireNa tazzulella 'e caffè”.

C’è però un’altra versione sul caffè sospeso che porta la firma di Riccardo Pazzaglia, giornalista e attore di origini napoletane. Questa tradizione, secondo Pazzaglia, ha avuto origine dalla discussione di un gruppo di amici o conoscenti al bar su chi avrebbe dovuto pagare il conto.

Alla fine della fiera i conti non tornavano mai e spesso si finiva per pagare più del dovuto. Proprio per questo era buona usanza, invece di ricevere il resto indietro, lasciare un caffè sospeso a beneficio del prossimo.

L’usanza del caffè sospeso

L’era moderna ha portato alla scomparsa delle figure degli ambulanti del caffè, eppure c’è una tradizione che è rimasta ben salda nella cultura napoletana.

Stiamo parlando del “caffè sospeso”, un’usanza nata durante la Seconda Guerra Mondiale e che oggi è conosciuta in tutta Italia (e nel mondo) come simbolo di generosità.

In quegli anni, duri e complicati, la gente era solita pagare due tazze di caffè al bar: una per sé, l’altra per chi non avrebbe potuto permetterselo. Quel caffè rimaneva, appunto, sospeso, e si trasformava in un vero e proprio gesto di umanità verso il prossimo.

Da tradizione radicata nella città di Napoli, il caffè sospeso è diventato un trend mondiale sempre più apprezzato.

Numerosi emigrati italiani hanno importato questa pratica all’estero ed è nata persino una giornata mondiale (il 10 dicembre, in concomitanza con la giornata Internazionale per i Diritti Umani) dove chi vuole può recarsi in un bar che aderisce all’iniziativa, bersi il caffè e lasciarne uno in sospeso.

Ci teniamo a chiudere questo articolo con una citazione del grande Eduardo De Crescenzo che nel suo libro “Il caffè sospeso – Saggezza quotidiana in piccoli sorsi” dice:

“Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo…” 

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